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"La Valle dei Mulini ad acqua ed i Giardini di agrumi del Gargano"

Con atto di compravendita del 1897 la famiglia Saggese acquista uno dei giardini di agrumi del Gargano, ("l'agrumeto, l'oliveto, l'incolto e la casa rurale").

Tali giardini rappresentano un caratteristico tassello dei paesaggi storici dell'Italia agricola, un vero e proprio giardino all'italiana, composto da quadri di agrumi: filari di ulivi, leccio e alloro venivano disposti a scacchiera ogni 30 metri in funzione frangivento, lungo terrazzamenti digradanti verso il mare, per proteggere gli agrumi del Gargano dal freddo vento di Maestrale che soffia dal mare.

Qui, tra vecchie case di campagna, chiamate Casini, ruderi di mulini ad acqua e fresche sorgenti nascenti dalla Foresta Umbra, si passeggia circondati da lussureggianti giardini di arance e limoni la cui bontà era nota già dall'XI secolo.

Scrive Riccardo Bacchelli nel 1929: " Si dice che sia tanto soave l'odor degli aranceti sul lido di Rodi Garganico, da far venire le lacrime agli occhi quando è il tempo della fioritura. Aranceti e limoneti riempiono tutte le vallette e vestono ogni dosso di quella costiera, dove affiorano a nutrirli, molte polle d'acqua..." (La Stampa), acqua che nel corso dell'800, veniva utilizzata durante la notte per azionare le pale dell'antico mulino ad acqua, chiamato Mulino di Mare e durante il giorno per innaffiare gli agrumeti, e pertanto fu aspramente contesa da mugnai e coltivatori di agrumi.

Con decreto ministeriale del 1934 del Re Vittorio Emanuele, riconosciuto compatibile l'uso dell'acqua per l'irrigazione con quella per l'azionamento del Mulino di Mare, considerato "l'uso ab immemorabili, e sicuramente nel trentennio 1854-1884 delle acque pubbliche per l'innaffiamento del proprio agrumeto, si concede all'Ingegner Saggese Raffaele la concessione trentennale per la derivazione di acque pubbliche".

L'azienda, oggi inserita all'interno dell'Oasi Agrumaria Protetta del Parco Nazionale del Gargano, è condotta dal 1996 da Dino Saggese, figlio del titolare, laureato in Agraria e specializzato in Agricoltura Biologica e Biodinamica.

La storia di un antico commercio di agrumi

Gli agrumi sono specie vegetale di origine tropicale, ragion per cui nel passato, nelle zone temperate dell'areale mediterraneo hanno potuto trovare diffusione solo nei particolarissimi territori dove vi era l'assenza o la possibilità di ridurre i principali fattori limitanti della coltura: deficit idrico, pericoli di abbassamenti termici di notevole entità e di sbalzi termici repentini, necessità di protezione dai venti marini freddi e ricchi di salsedine.

Le favorevoli condizioni microclimatiche e la presenza preziosa ed indispensabile di acque risorgive disponibili tutto l'anno, sono state le premesse per la piena affermazione degli agrumi in un angolo ben delimitato del Promontorio Garganico, in un'area di circa 800 ettari compresa nei territori dei comuni di Vico del Gargano, Rodi Garganico ed Ischitella, e che ancora oggi costituiscono un aspetto meno noto dei paesaggi agrari storici italiani.

La tradizione agrumaria di questi tre comuni è frutto di una ultrasecolare attività umana che parte, da fonti storiche disponibili, già dal 1003. Boscaglie miste di leccio, pino d'aleppo, alloro, olivastri ecc., doveva essere un tempo il paesaggio dei “valloni” e dei ripidi pendii attraversati dalle acque risorgive, dove si sono poi piantati gli alberi di agrumi. Sui terreni fortemente acclivi, sono stati necessariamente eseguiti lavori di sistemazione idraulico – agraria: terrazzi, gradoni con parapetti in muri a secco (chiamati “macère”), o disponendo la terra a scaglioni, il tutto integrato da canali e scoline e da una capillare rete di canalette irrigue chiamate formili, per portare l'acqua in tutti gli agrumeti ad ogni singola pianta col sistema a conche. Le operazioni di impianto terminavano con i frangivento , composti da folti siepi sempreverdi di leccio, alloro e/o barriere di canne ingegnosamente preparate (“canneti ”).

Negli agrumeti, le compagnie eseguivano la raccolta e la selezione di arance e limoni, che, dopo essere state calibrate (misurate), venivano avvolte in carte veline merlettate, chiuse all'interno di cassette di legno e infine caricate sui “trabocchi” (navi) dirette ad Istria, Fiume, Zara.

Si esportavano anche le bucce secche che venivano acquistate per ricavarne essenze. Quando, verso la fine dell'Ottocento alcuni abitanti di Rodi si stabiliscono negli Stati Uniti, le esportazioni degli agrumi si dirigono verso il Nuovo Mondo, caricati con i trabocchi fino al porto di Manfredonia, da lì sui treni merci diretti per essere imbarcati al porto di Napoli. La fiorente attività produttiva e commerciale aveva favorito lo sviluppo di una ricca borghesia, le cui tracce sono ancora visibili in alcuni fabbricati rurali e in alcuni palazzi del centro storico di Rodi Garganico. Il commercio decade a causa di frequenti gelate, di tasse doganali imposte dagli Stati Uniti sulle importazione e per l'ingresso sul mercato di agrumi provenienti da altre zone del Vecchio Continente.

L'ultrasecolare coltivazione unita alla particolarità microclimatica, fa si che in questa piccola Oasi Agrumaria del Gargano, si conservi un prezioso patrimonio genetico, un esempio di biodiversità colturale che va salvaguardato e valorizzato.